Il Gender Equality Index pone l’Italia sistematicamente al di sotto della media europea della parità di genere: nel 2020 l’Italia risulta al quattordicesimo posto tra gli Stati UE, con 63,5 punti su 100. L’indice è calcolato sulla base di parametri concreti quali lavoro, salario, tempo libero, posizioni di potere, benessere ed altri fattori come l’età, la famiglia, il livello di istruzione.
Oggi, con le risorse europee del Recovery Fund ed il riordino della spesa nazionale, abbiamo un’occasione unica per liberare il potenziale professionale delle donne. A tal proposito la Commissione Europea, su indicazione del Parlamento e del Consiglio, sta delineando una serie di azioni concrete che i Paesi dell’Unione potranno adottare per diminuire il Gap di Genere.
Le proposte dell’ UE spaziano dalla parità di genere nella “Governance“ nazionale dei fondi del Next Generation EU alla valutazione dell’impatto di genere dei progetti inseriti nei Piani Nazionali, a misure dedicate allo sviluppo dell’imprenditoria e dell’occupazione femminile fino a quelle relative alla formazione scolastica ed al sostegno alle famiglie.
La prima di queste misure riguarda la disparità salariale, il cosiddetto Payment Gap che, in Italia, in alcuni casi supera il 30% .
La Commissione europea ha presentato il 4 marzo una proposta di direttiva sulla trasparenza salariale, al fine di garantire che donne e uomini ricevano la stessa retribuzione a parità di lavoro svolto.
La proposta, priorità politica della Presidente von der Leyen, stabilisce misure sulla trasparenza retributiva, come ad esempio le informazioni salariali per chi cerca lavoro, il diritto di conoscere i livelli di retribuzione dei pari grado e, per le aziende con più di 250 dipendenti, l’obbligo di fornire informazioni sul divario salariale di genere. Qualora emergesse un elevato rischio di disparità retributiva ingiustificata, i datori di lavoro ed i rappresentanti dei lavoratori sarebbero tenuti ad adottare congiuntamente misure correttive. Le PMI non rientrano nel perimetro dell’obbligo di rendicontazione e valutazione congiunta delle retribuzioni. I datori di lavoro inoltre non potranno chiedere ai candidati la loro storia retributiva ed i lavoratori avranno diritto ad un indennizzo in caso di discriminazione salariale.
L’iniziativa legislativa si concentra su due elementi essenziali della parità retributiva: misure per garantire la trasparenza sulla retribuzione ed un migliore accesso alla giustizia per le vittime di discriminazione salariale. Gli organismi per la parità ed i rappresentanti dei lavoratori potranno agire in procedimenti giudiziari per conto dei lavoratori e condurre azioni collettive in materia di equità retributiva.
La proposta non impedisce ai datori di lavoro di adottare una retribuzione diversa per lavoratori che svolgono lo stesso lavoro, purché la valutazione in tal senso, avvenga sulla base di criteri neutri dal punto di vista di genere, come la competenza ed il livello della prestazione.
La proposta di direttiva passerà ora al vaglio del Parlamento europeo e del Consiglio. Una volta adottata, gli Stati membri avranno due anni di tempo per recepire la direttiva nel diritto nazionale.