Il mio saluto a Paul Johnson

Quello di oggi è un articolo un po’ diverso dal solito. Non ci sono sondaggi da commentare, dibattiti parlamentari da seguire o dati economici da studiare. C’è tristezza, inevitabilmente. Cordoglio, rammarico, delusione. C’è la consapevolezza di aver perso un’icona non soltanto musicale, ma umana. Abbiamo perso Paul Johnson.

Johnson era l’estrema sintesi della capacità di fare buon viso a cattivo gioco. Nel 1987, all’età di appena diciott’anni, era rimasto paralizzato dalla vita in giù a causa di un colpo di pistola accidentale arrivato alle sue spalle, e a questo si aggiunse l’incidente che nel 2010 lo costrinse all’amputazione delle gambe. Questo non lo fermò, anzi, lo rese un’icona. Nel 1985 iniziava la sua carriera da disc-jokey, e già dopo pochi anni nei club più underground di Chicago si parlava di un appena quindicenne che muoveva le masse del sottobosco con l’abilità di un veterano. Nel 1990 inizia a produrre tracce per le etichette discografiche più chiacchierate di una cultura house che si evolveva in un crescendo rossiniano di stili ed influenze sempre più all’avanguardia, il panorama perfetto per un giovane che aveva tanto da dare al mondo del clubbing. La sua carriera subisce un’impennata clamorosa quando, nell’ottobre del 1999, esce Get get down, il singolo che lo renderà un’icona nel mondo della musica e che segnerà una svolta importante nella concezione delle sonorità house fino ad allora conosciute. Da quel momento, quello di Paul Johnson diventerà un nome imprescindibile nel grande panorama dell’house mondiale. Tracce come Music’s in me, Get get down, You make me say do be do, Follow this beat diverranno pietre miliari della musica house e saranno suonate a ripetizione nei club più prestigiosi del mondo.

L’eredità di Paul Johnson sta tutta nella sua figura. Un dj in sedia a rotelle divenuto una leggenda per le doti innate non soltanto nel far cantare i vinili come pochi altri nella storia hanno saputo fare, ma nell’affrontare col sorriso e con l’intraprendenza che lo hanno sempre caratterizzato tutti gli ostacoli che la vita gli ha messo davanti. Il cordoglio è arrivato unanime da tutti i più grandi dj e producers del mondo. Darius Syrossian, Patrick Topping, Mousse T, Dj Ralf, Louie Vega, The Martinez Brothers, commovente anche il saluto di Jamie Jones e di labels storiche come Defected Records di Simon Dunmore, Toolroom, Nervous Records. Anche mastini appartenenti all’universo della techno hanno espresso tutto il proprio dispiacere, come Joseph Capriati che ha allegato ad una foto di Johnson un “riposa in pace, leggenda”.

A soli 50 anni ci lascia un gigante. Trovare le parole non è mai facile, ma se c’è una cosa che in cuor mio sento di voler dire in uno dei giorni più bui della storia della musica house, alla quale sono fortemente legato, è grazie. Grazie Paul, per essere stato una delle colonne sonore della mia ancora giovane vita, grazie per essere stato un esempio di forza e di coraggio. Grazie per il patrimonio immenso che lasci ai posteri. Da dire avresti ancora avuto tantissimo, ma faremo in modo che la musica continui a parlare per te. Ora c’è un’altra stella che brilla al fianco di quelle di Erick Morillo, Marco Trani, Frankie Knuckles, Claudio Coccoluto. La cultura house vive, cresce e prospera nel ricordo dei grandi come te.

Con amore.