La gestione del posto di lavoro come chance di innovazione

È certamente vero che qualsiasi esperienza – non importa se positiva o negativa – sia di stimolo positivo e induca un’evoluzione. Tra in temi che si sono evidenziati durante la gestione della pandemia quello di più ampio impatto e che certamente ha costituito un cantiere di discussione ancora aperto è quello del “posto di lavoro” per esso intendendosi il “luogo” dove il lavoratore potrà rendere la prestazione.

La questione è di rilievo se si considera che gli aspetti relativi alla logistica del posto di lavoro erano recentemente stati affrontati dal legislatore con la produzione di una norma – quella sul lavoro agile – che, per vero, non aveva avuto un gran successo probabilmente perché non inserita in un contesto di leggi che ne consentivano un utilizzo strutturale.

Ora invece, forse abbagliati da una situazione emergenziale – e per questo delicata da valutarsi – sembra che una gran parte della popolazione attiva dal punto di vista produttivo abbia iniziato a considerare più concretamente la smaterializzazione del posto di lavoro (e quindi non solo quello “agile”) come soluzione proponibile; anzi, anche per esperienza diretta, qualche Datore di Lavoro ha già iniziato un percorso di flessibilizzazione della propria gestione immobiliare finalizzata per alcuni allo smart office e per altri – ben più convinti – alla chiusura delle proprie sedi fisiche.

Ci si interroga sul criterio di valutazione di tali scelte, atteso il fatto che forse un simile cambiamento dovrebbe considerare che gli aspetti organizzativi del lavoro (strutturalmente) remoto sono di difficile gestione operativa specie nel medio lungo periodo e che gli appuntamenti a cui il sistema lavoro italiano è chiamato nell’immediato futuro sono di più difficile realizzazione se gestiti con una prestazione “smaterializzata”.

Una notizia certamente fa pensare: due delle più grandi compagnie di servizi internet del mondo, che avevano profetizzato anche in Italia in tempi non sospetti un modello di collaborazione mista tra lavoro remoto e in presenza così divenendo antesignane del luogo di lavoro come “smart office”, non solo sono state tra le prime a regolamentare il ritorno in azienda dei propri collaboratori, ma ha anche recentemente aperto i primi negozi fisici e non solo virtuali. 

Che la logistica del lavoro debba cambiare è un dato certo, lo deve fare innovandosi in tutte le direzioni possibili per rendere più concreti e proficui gli obiettivi che Governo, Datori di Lavoro e Lavoratori devono realizzate anche in un ottica di razionalità e sostenibilità: in questo senso pare condivisibile l’iniziativa legislativa dei “PUM (Piani Urbani per la Mobilità)” che, al fine di ridurre in modo ‘strutturale e permanente’ l’impatto ambientale determinato dal traffico veicolare nelle aree urbane e metropolitane, ha previsto la nascita del cosiddetto Mobility Manager d’Area (per essa intesa Comune o aggregazione di Comuni) e del Mobility Manager aziendale.

La stragrande maggioranza delle aziende inoltre dovrà a breve redigere un “PSCL (piano degli spostamenti casa-lavoro)” che consenta innanzitutto di palesare quali siano le necessità di spostamento dei propri lavoratori all’interno delle aree di interesse ed addivenire a una razionalizzazione delle strutture che possono essere utilizzate per gli spostamenti in una evolutiva sostenibilità e non ultima in un’ottica di razionalizzazione e efficientamento degli spostamenti.

L’idea non è certo nuova (la prima norma in tal senso risale al 1998), ma è certamente interessante comprendere che le valutazioni e le analisi compiute dalle aziende possano ora essere davvero utilizzate come per un’elaborazione aggregata e quindi produrre un reale cambiamento nell’impatto economico e ambientale.

Ma non solo, la vera chance è ancora una volta costituita dalla disponibilità di dati che possono essere utilizzati dal Datore di Lavoro per definire nuove politiche di welfare aziendale e costituire un vero beneficio organizzativo.

Con riguardo ai tempi di spostamento potranno essere modulati gli orari di ingresso e di uscita nel luogo di lavoro in ragione delle specifiche esigenze di ciascun lavoratore, potranno essere qui realmente realizzate strutture di miste di lavoro agile affinché sia garantito un miglior bilanciamento dei tempi di vita e lavoro dei lavoratori.

Inoltre, una diversa articolazione oraria dell’orario di lavoro nonché lo svolgimento della prestazione lavorativa in regime di lavoro agile potrebbero configurarsi come ‘accomodamenti ragionevoli’ per i lavoratori che presentino una particolare condizione di disabilità.

L’innovazione è ovunque, basta cercarla.

di Massimiliano Arlati, ArlatiGhislandi – AG Studi & Ricerche