È indubbio che tutti gli alimenti abbiano un certo impatto ambientale. Ma quale sarebbe il costo reale del cibo se tenessimo conto di questo valore?
Per la prima volta uno studio tedesco ha cercato di rispondere a questa domanda, con risultati sorprendenti.
La ricerca, condotta da ricercatori di diverse università in Germania e pubblicata lo scorso dicembre sulla rivista “Nature”, ha calcolato il prezzo dei prodotti alimentari comprendendo i costi ambientali su acqua, aria e suolo derivanti, per esempio, dall’utilizzo di fertilizzanti e pesticidi e dalle emissioni di gas a effetto serra.
Ciò che ne emerso è che se dovessimo pagare una bistecca tenendo conto del suo impatto ambientale, questa subirebbe un rincaro del 146%. Stessa cosa dicasi per la carne biologica e, in generale, per tutti i prodotti di derivazione animale come latte e formaggi – che dovrebbero costare il 91% in più – mentre i cibi di origine vegetale impattano decisamente meno e il loro incremento di prezzo è stato stimato del 25% nel caso dell’agricoltura convenzionale e del 6% per il biologico.
I ricercatori sono convinti che se venissero davvero applicati i reali costi ai prodotti, le persone sarebbero quindi incentivate a cambiare la propria dieta, evitando gli alimenti più inquinanti e costosi.
In sostanza, si passerebbe ad una dieta più ricca di alimenti vegetali e si ridurrebbe in maniera sostanziale la differenza tra cibo convenzionale e biologico, rendendo quest’ultimo più accessibile a tutti.
In merito a questo aspetto, LifeGate – il più importante network della comunicazione sostenibile in Italia – ha chiesto un commento alla presidente di Federbio, Mariagrazia Mammuccini.
“Negli allevamenti biologici, gli animali vengono allevati con tecniche che rispettano il loro benessere fisiologico ed etologico: hanno accesso ogni giorno a pascoli e spazi aperti e la loro densità è limitata. L’agricoltura biologica si integra al ciclo della natura, nel pieno rispetto dell’ambiente e della salute degli animali”.
Secondo la presidente di Federbio, dunque, un’analisi globale non deve considerare solo le emissioni, ma anche i benefici ambientali e sociali dell’allevamento biologico nel recupero dei territori marginali, nella salvaguardia della biodiversità, senza dimenticare la possibilità di utilizzare il letame per arricchire la fertilità del suolo.
Questi risultati ci fanno riflettere ancora una volta e in maniera decisamente più concreta del solito sull’impatto ambientale della nostra alimentazione. Qualcosa di cui dobbiamo diventare definitivamente consapevoli per poter fare al meglio le nostre scelte.
(Articolo apparso su “Il blog di Marzia Chiesa” il 3 marzo 2021)