La ristorazione: scenari Covid – TDF TV

Il settore della ristorazione è stato uno dei più colpiti dall’emergenza sanitaria Covid. L’intermittente lockdown presente da oltre un anno ha letteralmente paralizzato l’Italia portando alla chiusura parziale o totale delle varie attività che non potevano garantire l’assenza di contatti sociali. Lo scorso lunedì l’argomento è stato oggetto di discussione nella consueta puntata settimanale del programma TDF TV in diretta streaming sulla pagina Facebook dell’associazione Tra il Dire e il Fare.

Lino Stoppani, Presidente FIPE, conferma che i numeri parlano chiaro: in una situazione pre-Covid il comparto ristorazione fatturava all’incirca 86 Miliardi di Euro ogni anno, trecentomila imprese di somministrazione, 1.200.000 di addetti. Nel 2020 questo settore ha perso 4,4 miliardi di fatturato e circa 20.000 imprese. In generale i danni del Covid sono concentrati in quattro settori: turismo, moda, cultura e sport con una perdita complessiva di 130.000.000.000 di Euro. Dietro questi danni economici ce ne sono altri altrettanto allarmanti e indiretti collegati alla coesione sociale, fattore importante per la tenuta economica, specchio dello stile di vita, del rafforzamento delle identità ed esempio di un consumo che fa dell’Italia un modello di riferimento.

A questo danno si collegano due grandissimi rischi: il rischio delle infiltrazioni mafiose nelle nostre attività (con annesso dumping commerciale e sociale) ed il rischio della dispersione delle competenze in un settore che ha un basso capitale umano.

Andrea Sinigaglia, Direttore Generale della Scuola Internazionale di cucina Italiana ALMA, afferma che, per loro, l’impatto è stato duplice. Nel primo lockdown ha significato la chiusura della Scuola e la riorganizzazione totale dell’istituto così come avvenuto per altre strutture simili. Ha significato altresì la riorganizzazione del metodo di insegnamento mediante l’uso di tecnologie che permettessero di fare a distanza quello che prima si faceva in presenza. Tuttavia le Accademie di questo tipo hanno un fortissimo legame con il mondo del lavoro. Se non funziona l’industria, non funziona metà della loro impostazione didattica poiché parte del percorso scolastico è la realtà del mestiere, il tirocinio. Tuttavia la formazione è diventata in quest’ultimo anno l’ambito dove si può andare a cercare l’elemento di rilancio e di ripartenza. Insistere sull’etica del lavoro, per Sinigaglia, è uno dei temi principali per i giovani che oggi si affacciano al mondo del lavoro, quello che hanno chiaro è che il futuro non sarà costruire qualcosa di nuovo ma ripensare l’esistente. Quest’anno per loro non è stato una pausa ma un ripensamento con nuove strategie imprenditoriali e di sistema ancora da ben definire.

Un grande esercizio didattico per gli studenti è stato il lavoro sui lunch box. Con la ricerca si è arrivati ad usare per pranzi a scuola dei box lavabili, riutilizzabili e termici, tema sostenuto anche dalla delivery. A scuola si è inoltre fatto un lavoro nutrizionale. E’ stata l’occasione per porzionare attentamente i pranzi. Sicuramente le difficoltà esaltano certi aspetti. Quello che è successo ha accelerato tutti gli aspetti virtuosi del settore della ristorazione. La gente va al ristorante principalmente per la convivialità, poi vengono cibo, qualità e location. E’ per questo che i giovani che si formano adesso devono essere sostenuti per una crescita personale e professionale, facendo capire che tutto ripartirà.

Secondo lo Chef stellato Sadler l’adattamento al nuovo tipo di servizio, inconcepibile in precedenza, sia da considerare come un modo per lavorare e impegnarsi al 100%. Dopo lo spiazzamento e l’attesa iniziali, Sadler ha deciso di introdurre il delivery. Non è stato semplice visto il tipo di cucina,  ha significato studiare piatti e strategie con portate che potessero essere pronte in poco tempo e giusto poi da riscaldare. Ha realizzato un menù che potesse dare la possibilità di mangiare nel modo più semplice possibile però con quell’impostazione e sapore da ristorante stellato che ne fa la differenza.  

Il food delivery è quindi un elemento importante per questo periodo. Proponendo piatti d’asporto molti ristoratori non solo hanno potuto evitare la chiusura totale, ed in alcuni casi addirittura il fallimento dell’attività, ma hanno anche avuto la possibilità di confrontarsi con una modalità di servire i propri clienti pratica e comoda. Tuttavia quando fai delivery lavori al 20%. Con questi ricavi non si sostiene un ristorante dove comunque sia le spese fisse ci sono. Lavori perché è importante far sentire la tua presenza sul mercato ed è interessante perché laddove ci sono delle persone predisposte ad usufruire del servizio, persone che magari prima non andavano al ristorante, si crea una sinergia che nel tempo potrebbe avere un buon riscontro come una nicchia di mercato. “Ci sono poi i clienti fedeli che per aiutarci – dice Sadler – hanno fatto ordini a parte per il bisogno e desiderio ma anche per essere un sostegno a quanto è accaduto al mondo della ristorazione”. “Il delivery – continua – avrà un seguito anche a fine pandemia. Ci dà una mano, è un modo per rimanere sul mercato in questo periodo e per non farsi dimenticare. Ci ha dato modo sentirci vivi”.  Lo Chef è molto ottimista e, tra un anno, spera che il lavoro riprenda bene e che le persone siano vogliose di tornare ad uscire. La sua prospettiva è sempre più legata all’idea che la correlazione tra cibo e salute non possa essere ignorata. Sostiene che bisogna iniziare a volere più bene al nostro mondo con una cucina raccontata e spiegata alle generazioni dei cuochi del futuro, più attenta alle risorse del pianeta e più equa, con una revisione dei costi e dei menù.

Giovanni Cavicchioli, sous- chef, ha invece utilizzato questo periodo per fare ricerca e sviluppo perché c’è sempre da imparare per stare a passo con i tempi. Per lui questo periodo è “stato quasi meglio dei tempi della scuola”. Sostiene che chi è forte per esperienza, tecnica, mezzi e capacità resterà a galla. Ci sarà comunque una selezione naturale, una scrematura di chi è improvvisato, e probabilmente non si è buttato nella ristorazione senza realmente capirne il funzionamento, e di chi invece lo fa veramente con passione, dedizione e conoscenza.

Per GianMarco Senna chi ha saputo cogliere il cambiamento della società si porterà dietro un valore aggiunto. A Milano nel dopo Expo c’era una quantità di bar e ristoranti che non aveva pari in nessun’altra grande città nel mondo. Era chiaro che ci fosse un sovraffollamento con un bacino d’utenza tutto sommato ridotto. Quanto tutto ripartirà parte di quel fatturato si manterrà.

Di parere diverso è Lino Stoppani che sostiene una discriminazione su chi ha diritto a lavorare e chi no. Le difficoltà che ha avuto il comparto ristorazione ha fatto capire l’importanza di un settore considerato invisibile, non essenziale nonostante sia un settore che produce reddito, lavoro e benessere almeno quanto gli altri. Le misure compensative non sono state assolutamente adeguate. Il 26 aprile è una data che lascia grande disappunto e rammarico perché non è una partenza ma una falsa partenza. Ci si sarebbe aspettato più coraggio verso un settore che è al collasso, tuttavia la gente dimentica velocemente, deve mangiare ed ha voglia di socialità. Secondo Stoppani, con giusti investimenti sull’innovazione tecnologica, commerciale e con politiche economiche appropriate, tra un anno si lavorerà bene con un coordinamento ed una visione strategica da parte del Governo. Certo, l’apertura del 26 aprile non soddisfa ma è il segnale di aver rotto un muro di contrapposizione, con la volontà di arrivare alla completa riapertura.

In conclusione non sono cambiate le professioni del settore della ristorazione ma sono cambiati i tempi ed i modi. C’è stata la possibilità di riflettere e migliorarsi. Tutti stavamo correndo a piena velocità e la pandemia ci ha fatto rallentare, ma non ci ha fermati. Cambieranno le modalità, forse per sempre, proprio com’è cambiato il modo di volare dopo l’11 settembre.

Ma, anche da allora, voliamo sempre più in alto.