Disabilità: l’abilità del mondo

Ci sono argomenti davvero difficili da affrontare. Temi la cui complessità renderebbe infinito il dibattito persino per comprendere qualsiasi scelta di schieramento.

La disabilità è uno di questi: un elemento della quotidianità umana che soverchia addirittura l’etica e la giustizia, ponendosi come un monolite kubrickiano di fronte al quale nessun erede di “Mani pulite” oserebbe chiedere l’appalto.

I disabili, o diversamente abili, o completamente inabili, o come si vogliano definire coloro che hanno ricevuto o acquisito dalla vita un handicap, sono uno dei pensieri che le persone preferiscono trascurare.

Si timbra il cartellino, anche se si vorrebbe restare a letto. Si telefona ai ritardatari, anche se si vorrebbe incontrarli al momento giusto. Si vanno a prendere i figli a scuola, anche se si vorrebbe che fossero sempre accompagnati tra le braccia dei genitori.

I disabili invece non misurano il tempo secondo i ritmi degli altri e non occupano spazi secondo l’ordine che uno si aspetta o programma.

La solitudine di un disabile è un paradosso che coinvolge ogni istante e ogni angolo della vita di tutti, ma che diventa troppo facilmente un problema o una soluzione per chiunque cerchi di intraprendere la via della comprensione.

Sia che si tratti di qualcuno privato di un arto dopo un incidente sul lavoro, sia che riguardi una persona nata con difficoltà motorie o interferenze e distorsioni comunicative, la complessa accezione della disabilità ha una natura così oscura e inviolabile che si sceglie, ancora oggi, di non dedicarsi alla comprensione di una parte di mondo, privandola così non solo di dignità ma addirittura di una propria identità.

Gli occhi del mondo si aprono di fronte alle menomazioni, alle sedie a rotelle, alle deformità; quasi mai lo sguardo della (presunta) umanità si rivolge però al silenzio, all’immobilità, all’attesa che caratterizzano moltissime disabilità.

L’attenzione alla disabilità si limita all’abbattimento delle barriere architettoniche, alla cessione di spazi in uffici e abitazioni, all’offerta di soluzioni e risorse su un conto corrente. Mai, e dico mai, la solitudine di una persona disabile è vista come l’opportunità di un investimento.

Chi non parla non è degno di un confronto. Chi non si muove non è degno di essere aspettato o accompagnato. Chi non vede non è degno di essere guidato e chi non è capito non è nemmeno degno di essere ascoltato.

Eppure ci sono dei momenti, ne sono sicuro, in cui ognuno di noi si è trovato esattamente in questa situazione: solo, fermo, insicuro, timoroso, sbagliato.

Quante volte? Quante volte ci siamo accorti di non bastare a noi stessi? Quante volte abbiamo desiderato che un altro, chiunque altro, ci potesse tendere una mano, dedicare uno sguardo, spingere in qualche direzione, per riportarci a contatto con la vita?

Certe notti ci sono amici che guidano la nostra auto e ci riportano a casa; alcune volte ci sono persone che bloccano le nostre parole o le nostre braccia e per condurci, in un certo senso, di nuovo a casa. Altre volte ci sono persino degli sconosciuti che, attraversando le nostre vite come il vento, riescono a insegnarci la strada di casa; quella casa che è sinonimo di accoglienza, condivisione, ascolto, sostegno.

Tutti abbiamo bisogno di qualcuno. Non credo nella filosofia dell’eremita o nella metafora dell’uomo come isola, anche se sono convinto che prima di tutto ognuno debba contare su se stesso.

Spesso, però, soprattutto per un disabile, contare su se stesso non è abbastanza. Ma quanti di noi lo sanno? Chi di noi è capace e ha voglia di capirlo? E oltre a capirlo, cosa facciamo per rispondere a questa necessità che, soltanto apparentemente, non è nostra e non ci riguarda?

Il mondo, oggi più che mai, ha dimostrato di sapersi dedicare all’inclusione della diversità perché ha saputo rimodellare i parametri della normalità, elevando un concetto a una prassi.

Lo stesso percorso di valore ritengo si possa trasformare in una pratica culturale attenta alla comprensione della disabilità non solo attraverso i SAD, le rampe, i diritti e le esenzioni, la legge 104, le Onlus o gli accompagnamenti. Sono le persone a rappresentare la risorsa e il metodo, l’opportunità e la soluzione a un dibattito che può svilupparsi e risolversi soltanto con la consapevolezza che, parafrasando John Donne, il nostro è un unico mondo e tutti noi siamo il mare capace di bagnare ogni sponda e ogni isola.