Conte-Grillo: tutti gli slogan di una pace comica

Non lasceremo che vengano cancellate le nostre riforme”, “non accetteremo soglie di impunità”, “proteggeremo la Spazzacorrotti” and other hilarious jokes you can tell yourself : l’ex premier Giuseppe Conte è capo politico da neanche un mese e già parla di “nostre riforme” (bisognerebbe chiedergli se tra le “loro” riforme inderogabili siano annoverate anche Flat Tax, Quota100 e Decreti sicurezza), provando a far intendere che terranno salde le redini del governo impedendo in qualche modo la prosecuzione dell’iter iniziato con la riforma del processo penale attuata dalla ministra Marta Cartabia, che ha di fatto depennato la riforma Bonafede. Cambiano i modi ma non la sostanza: regna la confusione totale. Non c’è una vera linea politica, non una storia, un filo da seguire se non il goffo tentativo di difendere i disastri combinati nei due governi Conte come fossero trofei e provare a paventare una minima sicurezza di fronte a chi li aveva votati sperando di vedere il Parlamento “aperto come una scatoletta di tonno”.

Nessun accenno a scuole politiche o comunque di formazione per i giovani, ci si arrocca su una sorta di “governismo d’opposizione” che si tiene in piedi votando i provvedimenti in aula e poi contestandoli negli interminabili post sui social dei parlamentari del Movimento, che cercano di apparire come ribelli. Alla fine, però, è evidente che si stiano ribellando contro le loro stesse effigi. È la classica storia del burbero ubriaco che tira il pugno allo specchio quando vede la propria faccia riflessa, convinto di trovarsi davanti un nemico. “Il reddito di cittadinanza non va rimosso, va migliorato” in poche parole significa “ci faremo dettare la linea pure su questo ma faremo finta che faccia tutto parte del piano”.

Conte ha anche parlato di statuto e carta dei valori, asserendo che ci sarà una netta differenza tra la figura del capo politico e del garante: il primo avrà piena facoltà di agire politicamente, il secondo sarà un “custode dei valori” (testuale), una specie di guru, di oracolo da consultare in caso di dubbi sull’interpretazione delle norme dello statuto. Si sono dunque messi d’accordo Conte e Grillo nonostante fino ad una settimana fa, secondo il comico ligure, Conte fosse “un uomo che non ha capacità politiche né gestionali, né tantomeno esperienza” (come se queste caratteristiche fossero mai state richieste). Cambia addirittura la natura delle cinque stelle del movimento, che secondo l’idea di Grillo e Casaleggio rappresentavano Acqua, Ambiente, Trasporti, Connettività e Sviluppo. Nel nuovo statuto, invece, viene scritto: «Le cinque stelle che costellano il nostro orizzonte e orientano la nostra azione sono i beni comuni, l’ecologia integrale, la giustizia sociale, l’innovazione tecnologica e l’economia eco-sociale di mercato”. I parlamentari sono divisi: chi seguiva la linea di Grillo, attaccando Conte e ritenendolo fatale per il movimento, adesso è quantomeno confuso; chi invece sosteneva Conte a spada tratta, sperando in un rinnovamento dirigenziale, inizia a perdere l’entusiasmo in quanto ancora sotto un comando rigido ed al contempo poco definito, e soprattutto in balia di una “democrazia diretta” vacua e poco affidabile, senza più la piattaforma Rousseau che momentaneamente sarà sostituita da Skyvote e con gli iscritti che spesso si scontrano con le linee portate avanti dal partito. Il Movimento 5 Stelle doveva essere il voto all’insoddisfazione per la classe politica, il “tutti a casa alé” che ora sembra destinato a tornare esclusivamente negli stadi. Sì, perché adesso i 5 Stelle sono più che mai nelle mani di quella politica che dicevano di voler buttare giù: sono nel governo dei “tecnocrati europei”, alleati con “i mafiosi, quelli del partito di Bibbiano” e senza una vaga idea di come portare avanti un qualsivoglia programma serio e strutturato. L’incognita adesso è sulla giustizia: “non succede ma se succede”, i 5 Stelle potrebbero anche decidere di sfiduciare la ministra Cartabia in caso di rottura del precario equilibrio. Certo è che, se non altro, in attesa delle prossime elezioni possono godersi ancora la maggioranza dei seggi. E magari chissà, farla anche valere in qualche modo.