La ripartenza e la cultura della sicurezza tra gestione del rischio, diritto al lavoro e rispetto del diritto alla salute
In questo contesto di ripartenza delle attività sociali ed economiche occorre garantire, attraverso procedure di contrasto alla diffusione del Covid, adeguate condizioni di sicurezza nei luoghi di lavoro. Nonostante l’emergenza sanitaria sia tuttora in corso, il rispetto delle norme anti contagio può consentire alle imprese di ripartire ma in sicurezza.
E’ stato, quindi, sottoscritto in data 6 aprile 2021, il “Protocollo condiviso di aggiornamento delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus SARS-CoV-2/COVID-19 negli ambienti di lavoro”, che aggiorna e rinnova le precedenti indicazioni contenute all’interno dei noti Protocolli del 14 marzo e del 24 aprile dello scorso anno. La revisione dei Protocolli ha comportato implementazioni e specificazioni ad alcuni punti del documento, aggiornandolo anche alla luce delle disposizioni normative succedutesi nel frattempo nei vari provvedimenti. Le novità infatti hanno reso necessario l’adeguamento della check-list dei controlli che effettuano gli ispettori del lavoro dell’INAL, lista che è stata diffusa con la nota n. 2181 del 9 aprile 2021. Le attività di verifica si concentrano sulle modalità di attuazione, da parte dei datori di lavoro, delle procedure organizzative e gestionali prescritte dalle nuove misure di contenimento. Misure che seguono la logica della prevenzione ed attuano le prescrizioni del legislatore e le indicazioni dell’Autorità sanitaria da integrare con altre equivalenti o più incisive secondo le peculiarità della propria organizzazione, previa consultazione delle rappresentanze sindacali aziendali per tutelare la salute delle persone presenti all’interno dell’azienda e garantire la salubrità dell’ambiente di lavoro. Gli ambiti di intervento previsti sono i più disparati, dalle modalità di ingresso in azienda all’utilizzo dei dispositivi di protezione individuale, dalla gestione degli spazi comuni alla sorveglianza sanitaria.
La prosecuzione delle attività produttive può infatti avvenire solo in presenza di condizioni che assicurino alle persone che lavorano adeguati livelli di protezione: in caso contrario è prevista la sospensione dell’attività fino al ripristino delle condizioni di sicurezza.
La forte attenzione verso la pandemia non deve però distogliere l’attenzione dai tradizionali rischi lavorativi, riguardo ai quali risulta ancora più necessario, considerati i lunghi periodi di chiusura e interruzione di tante attività, richiamare l’importanza della prevenzione e continuare a promuovere la cultura della sicurezza sul lavoro.
Il lavoro come “vocazione naturale” dell’uomo: così lo rappresentava il filosofo Fourier. Fattore di realizzazione della persona, canale privilegiato di integrazione e di riconciliazione sociale, diritto fondamentale dell’individuo e insieme, secondo la Costituzione italiana, attività che concorre al progresso della società. La sicurezza sul lavoro rappresenta un valore comune non negoziabile e costituisce la base per uno sviluppo economico “sano”.
I nostri padri costituenti, del resto hanno avuto la lungimiranza di inserire nella Carta Costituzionale il valore della salute, la tutela del lavoro e dei lavoratori sancita dagli artt. 4, 35, 36, ed ancorata sull’art.32 Cost., dando anche indicazioni precise nella comparazione tra l’interesse economico e la tutela della salute medesima, stabilendo – all’art. 41 Cost. – che l’iniziativa economica privata non possa svolgersi in modo da recare danno alla sicurezza.
Il diritto al lavoro e il diritto alla salute sono i due lati di una stessa medaglia.
Se questi sono i principi a cui tendere, purtroppo gli incidenti e le morti sul posto di lavoro sono ancora molto diffusi. Eppure, proprio l’avvento del Covid-19 ha dimostrato che la salute è uno dei pilasti su cui si fonda l’economia stessa.
Dove c’è lavoro deve esserci salute ed anzi è lo stesso lavoro che deve anche tendere a promuoverla e migliorarla (e viceversa). E’ questo il senso della concezione della salute che risulta oramai norma positiva nel nostro ordinamento. Il concetto di salute, un tempo ristretto alla sola mancanza di malattia, fa riferimento oggi anche al benessere dell’individuo, in un’accezione ampia che include la dimensione psichica e sociale. Proprio così si esprime l’art.1, lett. o), del D.Lgs. n. 81/08 mutuando un concetto antico che era espresso negli identici termini già nel 1946, nel preambolo alla costituzione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, che definiva la salute quale “stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, non consistente solo in un’assenza di malattia o d’infermità”. E non si tratta di una mera definizione, la manifestazione di una presa di posizione ideologica. È una norma con ricadute precettive; perché è rivolta ad obbligare il datore di lavoro a prevenire ogni sorta di rischio (art. 16), cioè a valutare e individuare le misure adeguate di prevenzione e protezione per migliorare nel tempo i livelli di salute e sicurezza; anche sotto il profilo psicologico e per combattere lo stress. Il lavoro deve farsi quindi promotore della salute e della dignità della persona; e tanto non potrebbe avvenire se si ammettesse in via di principio che la salute possa essere compromessa per poter lavorare.
L’esigenza delle ripartenza è indubbia ma Salute (art. 32 Cost.) e Lavoro (art. 4 Cost.) vanno tutelati unitamente anche in questo nuovo mondo che si è manifestato con l’avvento della Pandemia ed anzi dovrebbe rappresentare l’occasione per assicurarne la tutela sistemica.
Nessuna compressione del diritto alla salute; neppure oggi, e tanto meno oggi.
La vera sicurezza sul lavoro e la vera tutela della salute dei cittadini e dei lavoratori vanno perciò improntate in termini di prevenzione ex ante e non ex post. La chiave di tutto è la tutela effettiva del bene salute: evitare il rischio, ridurlo e, se possibile, eliminarlo (comunque gestirlo con il massimo grado di diligenza possibile).
Del resto, non è un caso se una concezione della salute così pregnante, come quella or ora richiamata, risulti affermata in un testo che ha riguardo alla sicurezza dei lavoratori. Questo accade perché la salute dei lavoratori è sempre a rischio di essere violata, essendo parte dell’oggetto di un contratto che coinvolge la stessa persona dalla quale non può essere separata. Che sia così lo dice l’amara realtà dello stato della salute sul lavoro nel nostro paese e le diverse migliaia di morti all’anno dovute a infortuni o malattie professionali. Ma anche l’epidemia Covid-19 si è assunta il compito di darcene conferma.
La realtà fin qui delineata impone perciò di agire costantemente al fine di ridurre lo scarto tra regole (di cui abbondiamo) e loro applicazione (in cui invece scarseggiamo). E questo scarto si può ridurre solo in due modi: restituendo dignità al lavoro da una parte e garantendo l’applicazione, ma effettiva e non solo formale, delle regole dall’altra.
Restituire dignità al lavoro significa anzitutto restituire dignità a chi lo rende, riconoscere che il lavoro è inseparabile dalla persona che lo presta e dal carico dei diritti che essa inevitabilmente pretende e porta con sé.
Per rendere effettive le tutele è necessario agire in tante direzioni e su più fronti ma il punto di partenza è rappresentato dalla necessità di diffondere la cultura della sicurezza e con essa il concetto di prevenzione e gestione del rischio.
Promuovere la cultura della sicurezza significa però superare una linea di pensiero ancora diffusa secondo la quale l’adempimento formale all’obbligo normativo, spesso peraltro inteso come un onere e/o un ostacolo organizzativo, è l’unica condizione per gestire in maniera efficace i rischi e la tutela della salute e sicurezza sul luogo di lavoro.
Un adeguato sistema di prevenzione invece deve essere alimentato e valorizzato affinchè il luogo di lavoro possa rispondere alle esigenze di sicurezza presenti e future e, quindi, anche nuove proprio come la Pandemia.
Tutto ciò premesso, senza alcuna pretesa di voler dare una risposta esaustiva o condivisa, quale insegnamento trarre dalla Pandemia in questa fase di ripartenza? Il diffondersi della cultura della sicurezza sul lavoro dovrebbe indurre ad una gestione del rischio in via preventiva: è piuttosto scontato che non è dato creare un ambiente lavorativo a “rischio zero” ma è altresì vero che se il rischio è esistente, ne discende l’obbligo di adottare in concreto le misure necessarie a fronteggiarlo, se possibile tecnicamente eliminandolo o quantomeno riducendolo in un’ottica di compliance integrata. Non solo rispetto formale delle norme ma effettiva applicazione ed adozione di protocolli e procedure che vanno mantenute ed aggiornate nonché cucite sulla realtà che l’impresa si trova a vivere in un dato momento, come un abito sartoriale confezionato su misura.
Come osservato dall’Organizzazione Internazionale del Lavoro nel rapporto realizzato in occasione della giornata dedicata alla Salute e Sicurezza sul lavoro 2021 (28 aprile), questa crisi ha dimostrato la necessità di dotarsi di un sistema di SSL solido e resiliente, in grado di rafforzare le capacità di affrontare le emergenze future e di proteggere la salute e la sicurezza dei lavoratori, assicurando al contempo la sopravvivenza e la continuità delle imprese: ciò sarà possibile solo allorchè vengano rafforzati i sistemi di gestione del rischio ed adottate misure di prevenzione che dovrebbero adattarsi ai pericoli e ai rischi a cui sono esposti le imprese; essere periodicamente aggiornate e modificate, se necessario; conformarsi alla legislazione e alla normativa nazionale; riflettere le buone pratiche; tenere in considerazione lo stato delle conoscenze del momento storico vissuto in modo da offrire una risposta efficace per affrontare anche situazioni impreviste. Serve un cambio di paradigma che è atteso da troppo tempo e che non si può non prendere!