Blocco licenziamenti: il valzer della politica

L’argomento caldo di questo inizio settimana, oltre alla scarcerazione di Giovanni Brusca, è senza dubbio la fine del blocco dei licenziamenti fissata per gli inizi di luglio. Ad aprire le danze è il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco, che nelle considerazioni finali durante la Relazione annuale sul 2020 è stato chiaro nel delineare l’esigenza di dare un taglio alle politiche economiche d’emergenza per sostenere imprese e lavoro, accennando anche ad un approccio più severo alla riduzione della spesa: “siamo tutti chiamati a far sì che cresca e sia diffuso il benessere, siano adeguatamente protetti coloro che più saranno colpiti, chiari i costi da sopportare e progressivamente ridurre. E’ certo però che verrà meno lo stimolo, in parte artificiale, che oggi proviene da politiche macroeconomiche straordinarie ed eccezionali. Cesseranno quindi il blocco dei licenziamenti, le garanzie dello Stato sui prestiti, le moratorie sui debiti. E andrà, gradualmente ma con continuità, ridotto il fardello del debito pubblico sull’economia”.

Segue il presidente di Confindustria Bonomi, ricordando che l’Italia è l’unico Paese al mondo ad adottare il blocco dei licenziamenti, che ormai va avanti da un anno. La proroga del blocco era stata concessa per il 28 di agosto nella prima versione del Dl Sostegni-bis su iniziativa del ministro del lavoro Andrea Orlando, venendo poi bocciata (anche dalla Lega) in Consiglio dei Ministri con l’opzione della cassa integrazione gratuita in cambio dell’impegno a non licenziare da parte dei privati. Salvini, tuttavia, si dichiara ora disposto a trattare con il Partito Democratico, che lo accusa di aver fatto fin troppi voltafaccia e giravolte ma che non chiude davanti alla possibilità di un tavolo con la Lega.
Tutto ciò non piace ovviamente a Giorgia Meloni, che in questi giorni ha fatto presente di essere totalmente contraria ad una proroga che, a detta sua, minerebbe la tenuta e la solidità delle imprese favorendo soltanto i più spregiudicati.

Blocco dei licenziamenti: sì-no? Il momento della verità arriva ora. Dalle parole di Visco, la sensazione certa è che non si andrà verso ulteriori proroghe. Bisogna dare gli strumenti all’economia per poter camminare da sola da quest’estate. L’aver accennato ad una revisione della spesa deve aver fatto rabbrividire più di qualche anima, specialmente tra i sostenitori di misure assistenzialiste come il reddito di cittadinanza attuate a suon di deficit. Non dovrà essere troppo contenta la viceministra dell’economia grillina Laura Castelli, protagonista di accesi dibattiti con l’ex ministro Padoan ed il prof. Cottarelli conditi da fantasiose teorie sui tassi dei mutui e la loro totale estraneità all’aumento dello spread.

Nel momento più cruciale di questa intera legislatura, le posizioni sono quantomeno confuse, specialmente per quanto riguarda il Movimento 5 Stelle, che non trova una quadra generale su nulla, soprattutto per l’assenza di un leader da seguire (Giuseppe Conte non è ancora stato nominato ufficialmente dai vertici del movimento come capo politico).
Mentre Fipe e Federalberghi chiedono l’esclusione della seconda rata IMU ed i sindacati si infiammano sull’imminente sblocco dei licenziamenti, i partiti sembrano aver più a cuore le conferenze stampa ed i battibecchi delle effettive misure da adottare in sede di Consiglio. Il PD vuole il dialogo sulla proroga, una volta che ne ha la possibilità etichetta i leghisti come trapezisti e voltagabbana; di contro dalla Lega arrivano direttive poco chiare e spesso in contraddizione, cosa che inizia a stufare gli alleati di FdI, in questo momento impegnati in una “patriottica opposizione”. Matteo Salvini e Giorgia Meloni sembrano essere più che mai ai ferri corti, tenuti insieme dalla sola esigenza di presentarsi con liste forti alle comunali ed alle prossime elezioni politiche, mentre Forza Italia vede emigrare ben dodici dei suoi fedelissimi alla corte di Giovanni Toti. A sinistra sembrano ormai essersi accasati i grillini, il che rende difficile dare una prospettiva nitida sulle prossime mosse. E dunque, sembra che mentre i partiti si fanno i dispetti in televisione, l’appello del governatore della Banca d’Italia finirà per essere accolto, seppure in un clima d’incertezza sostanziale. Il ministro Orlando è sceso a compromessi abbastanza rapidamente, il presidente del Consiglio Draghi va in direzione dell’appello di Visco e di Confindustria.

Ma la realtà e che lo si scoprirà solo nelle prossime settimane, nell’attesa che questo strano pentapartito faccia i conti con sé stesso e chissà, magari anche con i cittadini.

di Filippo Alzani