Obbligo vaccinale: una scelta politica

La discussione sull’obbligo vaccinale arriva sui banchi della politica e in questi giorni si discute quale strategia mettere in campo per aumentare la copertura vaccinale soprattutto tra le fasce di popolazione che sembrano più restie. Tra gli over 60, infatti, sono ancora 2.5 milioni i cittadini che non si sono sottoposti alla vaccinazione anti Covid.

La stretta in discussione riguarda dunque l’obbligatorietà della vaccinazione su alcune o tutte le fasce della popolazione e una probabile stretta sul Green Pass. In molti vorrebbero seguire l’esempio francese di Macron che rende di fatto obbligatorio l’utilizzo del Green Pass per avere accesso a bar, ristoranti, teatri, treni, aerei. Uno strumento già’ presente in Italia ma al momento non ancora applicato.

Il mondo scientifico non entra nel merito politico delle decisioni ma rinnova le preoccupazioni derivanti da una scarsa copertura vaccinale soprattutto in previsione del rientro a settembre con la riapertura delle scuole e l’utilizzo di mezzi di trasporto pubblico. Queste preoccupazioni diventano ancora più forti con l’aumento dell’indice di trasmissibilità Rt a cui stiamo assistendo in questi giorni e dovuto all’aumento dei casi derivanti dalla variante Delta che si fa sempre più presente anche nel nostro Paese.

La discussione sull’obbligo vaccinale non è certo nuova in Italia così come nel resto d’Europa. Si è fatto ricorso spesso all’introduzione di obblighi vaccinali quando la soglia di adesione scendeva al di sotto dei limiti di sicurezza o quando la diffusione di malattie infettive letali o altamente invalidanti era fuori controllo. I casi più significativi furono l’obbligo vaccinale contro il vaiolo introdotto alla fine dell’800 e protrattosi fino alla fine degli anni ‘70. Fu infatti solo negli anni ‘80 che l’Organizzazione Mondiale della Sanità dichiarò la completa eradicazione del vaiolo in seguito alla vaccinazione di massa. Negli anni ‘60 e ‘70 furono introdotte le vaccinazioni obbligatorie contro la poliomielite, il tetano e la difterite. L’ultimo obbligo vaccinale risale agli anni ‘90 con l’introduzione dell’obbligo vaccinale contro l’epatite B entro il primo anno di vita e al compimento del 12mo anno di età.

Negli ultimi venti anni però, abbiamo progressivamente assistito ad una diminuzione delle coperture vaccinali derivante prevalentemente da un aumentato scetticismo e dalla diffusione di teorie che non hanno poi trovato alcun fondamento, come quelle secondo le quali alcuni vaccini causassero patologie come l’autismo.

Arriviamo così al 2017 quando in Italia passa una legge, il famoso decreto vaccini,  che porta da quattro a dieci i vaccini obbligatori da eseguire in età pediatrica pena l’estromissione dalla scuola. Il decreto nacque alla luce dei dati sul progressivo calo delle vaccinazioni, sia obbligatorie che raccomandate, che portò ad una copertura vaccinale media sotto il 95%, limite soglia raccomandato dall’Organizzazione Mondiale della Sanita’ per garantire la cosiddetta “immunità di gregge”.

La decisione, dunque, diventa politica. Gli esperti continuano a mettere in guardia dai rischi derivanti da una bassa copertura vaccinale con aumento possibile di casi gravi e di ospedalizzazione soprattutto negli over 60, una fascia di popolazione ancora molto scettica e difficile da raggiungere. Diverso l’approccio in altri Paesi che si trovano a fronteggiare problemi analoghi. L’Inghilterra di Johnson continua l’opera di persuasione tra le persone ancora scettiche e l’avvertimento a mantenersi cauti anche dopo le riaperture avvenute nei giorni scorsi ma senza introduzione di obblighi. Negli Stati Uniti invece gli americani ricevono messaggi sul proprio cellulare in cui si ricorda loro che c’è’ un vaccino pronto ad attenderli in un luogo comodo vicino casa. Addirittura a Berna in Svizzera si è pensato di offrire una fetta di torta a chi si presenta per ricevere il vaccino. Stratagemmi psicologici, obblighi o persuasione, non bisogna perdere di vista lo scopo finale di questa campagna vaccinale, ovvero garantire una adeguata copertura tra la popolazione che ci consenta di limitare i contagi e le ospedalizzazioni, senza dimenticare che oltre ai rischi più gravi vi sono anche quelli legati ai cosiddetti effetti Covid a lungo termine.

La vaccinazione si è dimostrata efficace nel ridurre i casi gravi a fronte di effetti collaterali minimi e con un rischio molto basso. Gli ultimi dati provenienti dal Regno Unito indicano che il 60% dei casi gravi ospedalizzati per Covid non avevano ancora ricevuto il vaccino.