Milano: le piste ciclabili sono un fallimento

I 5 PUNTI CRITICI DEL PROGETTO SPIEGATI DA UN CICLISTA.

Chilometri di piste ciclabili, nuove, fresche di asfalto, dove i ciclisti milanesi potrebbero sfrecciare senza pericolo, senza creare intralcio, senza gli insulti degli automobilisti, che li sfiorano a 100 km/h, giusto per rimarcare che in quel posto non sono ben accetti…e non ci vanno! Perché mai questa ostinazione dei ciclisti a percorrere luoghi inadatti, malsani e soprattutto pericolosi?

Qualcuno cavalca pure l’equivoco invocando una norma, inesistente, secondo la quale ove il ciclista scelga la strada veicolare, in presenza dell’alternativa ciclabile, avrà sempre e comunque torto!

Ma partiamo dalla norma, appunto. In effetti, l’art 182 recita testuale: I velocipedi DEVONO transitare sulle piste loro riservate, QUANDO ESISTONO. E la sanzione va da 25 a 100 euro. Ben intesi, ciò non significa assolvere l’automobilista che non rispetta lo stop, tampona, urta, sorpassa e investe il ciclista! E’ però necessario un distinguo, innanzitutto, tra ciclabili e ciclopedonali, ove le seconde esonerano dall’obbligo, mentre le prime impongono semplicemente la sanzione! 

Rimane da chiarire cosa spinga i ciclisti ad evitare, spesso e volentieri, l’utilizzo delle ciclabili. Lo spieghiamo in 5 punti, esposti in maniera critica e con parole semplici, come piace a noi pedalatori, partendo dal buon senso e dalla logica e col fine di stimolare la buona amministrazione, un valore tutelato e incoraggiato dalla stessa Costituzione.

 1)        LA PROMISCUITÀ

Il primo motivo che allontana i ciclisti dalle ciclabili è proprio la promiscuità nelle ciclabili. No, non quella tra sessi, che ci farebbe ululare come Mastroianni davanti alla Loren. Intendiamo quell’assembramento illogico, che costringe ciclisti, runners, monopattini, tricicli, cani, passeggiatori, a spartirsi una strada che consentirebbe a mala pena una bici per volta! A chi le percorre è richiesta l’attenzione di un pilota delle frecce tricolori, poiché un attimo potrebbe rivelarsi fatale, e ritrovarti attorcigliato con la forcella, nel guinzaglio del volpino partito prima che la padrona abbia azionato il blocco del collare: in quel caso il volo d’angelo è assicurato!

2)         LA CATTIVA MANUTENZIONE

La cattiva manutenzione delle ciclabili è un dato certo e incontestabile: sulle ciclabili le ruote si bucano, si rompono, si cade per le radici che tagliano l’asfalto, si balla come alla roubaix, si inciampa nelle nutrie, sui topi, su ghiande e rami sparsi dal vento! Talvolta sono autentiche trappole, zeppe di insidie e trabocchetti, ai quali diventa pressoché impossibile sottrarsi.

3)         IL POCO SPAZIO DISPONIBILE

Chi ha disegnato e realizzato le ciclabili milanesi ha certamente fatto male i conti. Forse ha utilizzato il metro dalla parte sbagliata, toppando sul dato essenziale: la larghezza delle corsie. Sulle ciclabili milanesi passa a malapena una bici, una per lato, guidata da un ciclista asciutto, per lo più sono a doppia percorrenza, e diventa questione di un attimo agganciarsi con il ciclista che proviene dal senso contrario, aggiungendo che molti pedoni o pattinatori non conoscono la destra o sinistra, o talvolta decidono brusche inversioni, o sbandano per la radice del punto 2.

4)         NESSUNA PROTEZIONE

…o delimitazione, nemmeno piccoli dissuasori, una lucina, un birillo: evidentemente la scarsa attenzione, incompetenza e distacco dal mondo bike contraddistingue i progettisti delle attuali ciclabili milanesi. Le ciclabili sono percorsi quasi immaginari, che compaiono e scompaiono sotto le nostre ruote, delimitate da semplici righe gialle, intermittenti, con qualche disegno sbiadito, che si interrompono, riprendono, creando vuoti improvvisi, sfociando nel nulla, o sulla statale, e non ti rimane che chiudere gli occhi e sperare nella provvidenza!

5)         INADATTE AGLI ALLENAMENTI

Un aspetto attualmente nemmeno pensabile: non venisse in mente ai ciclisti milanesi di svolgere attività sportive sulle nostre ciclabili, del tutto incompatibili con lo sport ciclismo, inadatte  per gli allenamenti dei ciclisti, atleti, professionisti, amatori della domenica.

A voler guardare lontano e soddisfare le esigenze di tutti, una soluzione da sogno sarebbe realizzarne due tipologie:

a)         Una ciclabile per lo svago, dove possono correre i bambini, le city bike, grazielle, tricicli, e dove l’intera famiglia possa pedalare allegramente, con ampi spazi di manovra, protezioni laterali, asfalto liscio e ben tenuto, pulito e manutenuto, che possa consentire di volgere ogni tanto lo sguardo sulle sponde del naviglio, o alle bellezze cittadine, perché la velocità, ridotta, consente ogni manovra, anche di emergenza, in totale sicurezza.

b)         Una ciclabile dedicata agli allenamenti, ad alta velocità da sforzo muscolare, con due ampie e rigorose corsie, delimitate, senza ostacoli, costantemente tenute pulite, con regole rigorose e tassative – affermiamo con coraggio impopolare – non per tutti e alle quali si potrà accedere solo con determinati requisiti, che possano escludere un utilizzo improprio e pericoloso per gli altri utenti!

E poi…costruirne tante, tantissime, larghe, larghissime, ordinate, pulite e progettate da chi abbia competenza, magari su esempi eccellenti quali quello olandese o francese, creando una rete che faccia passare la voglia anche al ciclista più riottoso di andare sulle strade veicolari.


Art. 182 c. 9 codice della strada

(A cura della Associazione “Zero Sbatti”)