L’inizio del 2021 è stato contrassegnato da una impennata degli sbarchi diretti verso l’Italia. Una tendenza già iniziata nel 2020 con numeri più che raddoppiati rispetto all’anno precedente. Nella prima settimana del mese di febbraio sono arrivati sulle coste italiane più di 1.000 migranti. Decine di barche hanno tentato la traversata verso l’Italia (la cosiddetta rotta del Mediterraneo centrale). Uno scenario che non si vedeva da mesi. Sul network telefonico Alarm Phone, che riceve le chiamate direttamente dai barconi, è stato un susseguirsi di segnalazioni.
A differenza di quanto accaduto nell’anno appena trascorso, che ha visto una forte componente di migranti nazionalità tunisina[1] partiti dalle coste del loro Paese, anche attraverso “sbarchi fantasma”, buona parte dei barconi che hanno chiesto aiuto in questi giorni, sono partiti dalla Libia, in particolare delle cittadine costiere di Tripoli tra le più utilizzate dai trafficanti. Una rotta ben nota fin dal 2016 quando da quelle coste arrivarono in Italia più di 180.000 migranti. Cosa sta succedendo nel Mediterraneo? Quali delicati equilibri sono mutati? E cosa dobbiamo aspettarci per il futuro?
Per comprendere in fenomeno dobbiamo valutare, in primo luogo, cosa sta accadendo in Libia. Come fa notare il giornalista Mauro Indelicato “Nulla è casuale quando si tratta di Libia. Non è soltanto il bel tempo nel Mediterraneo e il caldo fuori stagione ad aver portato decine di barconi in Italia”[2]. In questi giorni in Libia ci sono importanti “sconvolgimenti” a livello istituzionale. Il Forum di dialogo politico per la Libia sponsorizzato dall’Onu è riuscito a dare vita a governo di transizione che dovrà traghettare il Paese alle elezioni il prossimo 24 dicembre dopo, almeno, 17 mesi di guerra civile. La scelta del nuovo premier e del nuovo leader del Consiglio presidenziale è caduta su due candidati nuovi nel panorama politico libico ed è probabile che le milizie stanno mostrando i muscoli, anche attraverso l’uso dei migranti, per far valere il loro peso nelle future trattative in vista delle elezioni. Da qui l’impennata degli sbarchi.
In secondo luogo dobbiamo spostare il nostro sguardo verso i confini italiani. I libici seguono da vicino le vicende del nostro Paese e sono ben consci della delicata fase che sta vivendo. Un partner che, seppure oscurato dall’interventismo turco durante la recente guerra tra le milizie di Haftar (supportate dagli Emirati Arabi Uniti e dai contractors russi) e le milizie dell’ovest armate dalla Turchia, anche attraverso un massiccio numero di mercenari, potrebbe tornare utile per i disegni di Biden nell’ex Jamahiriya. Il passaggio dalla traballante maggioranza giallorossa all’esecutivo di Mario Draghi potrebbe avere spinto i gruppi di Tripoli a ricordare al nuovo premier incaricato che, a prescindere da chi si insedia a Roma, per tenere a bada l’immigrazione occorre sempre fare i conti (anche economici) con chi controlla davvero le coste libiche e ha le chiavi dei centri per i migranti. Detta in altri termini: non importa chi è al governo, le milizie vanno tenute in considerazione e le elargizioni economiche non devono fermarsi, altrimenti i migranti ripartono.
Va infine considerato che negli ultimi giorni le navi delle Ong sono tornate a operare nello specchio d’acqua dinnanzi le coste libiche dove passa la rotta dell’immigrazione verso l’Italia. Dalla Open Arms all’Ocean Viking. Seppure vi siano molti e importanti studi che ribadiscono che le navi delle Ong non costituiscono un pull factor per i migranti racchiusi nelle carceri libiche, vi sono alcune testimonianze dirette che offrono una versione diversa. In un interessante documentario dal titolo “Fuga dalla Libia”[3], Michelangelo Severgnini raccoglie telefonicamente le testimonianze dei migranti in Libia. Storie di violenze drammatiche che si mescolano con altri racconti. In particolare, una donna riferisce che “ci sono delle pagine facebook. Una volta che clicchi ‘mi piace’ sei al corrente di tutte le attività delle navi delle Ong nei pressi della Libia. Chi di noi può controlla quando ci sono a largo delle navi di salvataggio e poi nei centri si sparge il passaparola, anche per chi non ha internet. Una volta che si diffonde la notizia che le navi sono in mare, ognuno di noi viene sfiorato dal pensiero di partire”. E’ probabile che anche i trafficanti usino mezzi simili. Naturalmente si tratta solo di una testimonianza ma che per lo meno fa riflettere.

Resta ora da capire come si muoverà il nostro governo in questa fase così delicata. Mentre i sindaci siciliani iniziano a pressare per rendere il tema migranti centrale nel prossimo esecutivo, la Lega chiede una gestione europea. Seppure l’Europa fino a questo momento si è dimostrata riluttante (per usare un eufemismo) nel sostenere politiche di concreto supporto all’Italia, un approccio sinergico alla questione migratoria da parte dell’UE resta l’unica strada percorribile, a iniziare dalla revisione del Trattato di Dublino, più volte chiesta dall’Italia ma sempre “snobbata” dalle cancellerie dell’Unione.
[1] Più di 12.000 sui 33.000 secondo dati del Viminale.
[2] M.Indelicato, Ecco perché dalla Libia partono sempre più migranti, Insideover, 8 febbraio 2021.
[3] M. Severgnini , Fuga dalla Libia, disponibile al seguente linkhttps://vimeo.com/354986030?fbclid=IwAR379Gi__LdOeuTunrhGbilCQP6K81EUgM3geD55_MqqdOd_btboqyDXCjw (minuto 60 ca).