Italiani: garantiti e preoccupati

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Questa situazione legata al Covid ha messo in evidenza che esistono due Italie, o meglio due tipi di italiani: quelli garantiti e quelli preoccupati. La sensazione l’ho avuta chiarissima ieri ascoltando il discorso del presidente del consiglio ieri in televisione, per annunciare la fase due. Due mondi, due linguaggi, due modi di pensare, due modi di concepire il tempo e, soprattutto, aspettative delle persone lontane anni luce da quello a cui pensa la cosiddetta classe dirigente.

In realtà ci sono sempre state le due Italie, ma prima avevi Sud e Nord, il Centro è sempre stato frustrato perché non appartenendo a ai due schieramenti nessuno lo prendeva in considerazione. Poveri e ricchi, poi c’erano i finti poveri, evasori, ed i finti ricchi (c’erano anche quelli). I laureati ed i non laureati, i giovani e gli anziani, quelli che amano l’aperitivo e quelli che sono a dieta. E così via. E ci sono ancora. Adesso però abbiamo una nuova divisione della nostra società: i garantiti e i preoccupati.

Del primo gruppo, che chiameremo i garantiti, fanno parte principalmente i dipendenti pubblici, questi magari stanno lavorando da casa o, se sono dirigenti o collaborano con qualche task force, purtroppo non ci solo quelle ministeriali, ma sono a tutti i livelli, magari sono continuamente in riunioni, essenziale momento burocratico. Questo non gli consente purtroppo di fare il loro dovere “normale” e così persone detenute anche in regime di 41bis , si dice siano 40, escono dalle carceri perché qualche dirigente “era in riunione”. Se non sono in riunione fanno riunioni nelle quali si ingegnano ad inventare nuovi modelli di autocertificazione, ce n’è uno per ogni occasione, o ancora inventano nuove procedure per fare in modo che ci sia un maggiore….livello di complessità e maggiori difficoltà per chi deve richiedere i 600 euro, oppure la cassa integrazione o ancora la copertura di garanzia statale per i massimo 25.000 euro.

C’è poi chi, come i dipendenti dell’INPS (pare siano 25.000) che, a detta del nostro presidente del consiglio, hanno evaso in 15 giorni pratiche quante ne evadono in 5 anni. Forse prima non erano troppo impegnati? Ho fatto una domanda scritta ad INPS per l’aggiornamento della mia pensione (non è una cosa urgente) a febbraio e, logicamente per il superlavoro, la mia pratica risulta in lavorazione, quando riesco ad entrare in myINPS. È logico che anche queste persone, i garantiti, hanno le loro giuste preoccupazioni: quando potremo fare una bella rimpatriata con gli amici? Che cosa facciamo questo weekend, e per il primo maggio faranno come per il 25 Aprile, facciamo una bella manifestazione così almeno vediamo qualcuno? Quando riapriranno estetisti e parrucchieri? E le palestre? Come faremo con le ferie? Quando posso andare a trovare la zia Adelia che è in casa di riposo? E così via. Tutti problemi che in tempi normali avrebbero la loro dignità.

Ci sono poi i preoccupati: lavoratori dipendenti, piccoli e medi imprenditori, artigiani, commercianti, lavoratori a contratto, precari, partite IVA, disoccupati, e così via. Un popolo di persone che a giugno deve pagare le tasse, che ha l’affitto di casa e dell’ufficio o dello studio o del capannone, la rata del leasing e non sta incassando un euro da un paio di mesi. Ormai molti hanno dato fondo ai risparmi, se li avevano. Vabbè, lo sapevano già che se lavori in proprio e ti ammali sono cavoli tuoi, ma qui è un’altra cosa. Qualcuno ha ricevuto i famosi 600 euro, non ancora tutti, ma svaniscono in un attimo. Ne arriveranno altri? Quando? Quando si riapre? Con quali regole? Quanto costerà riaprire in termini di Dispositivi Personali e di quanto caleranno i ricavi? Le mascherine a 50 centesimi dove le trovo? Ce ne vogliono 3 al giorno per una persona che lavora, che cosa compro da mangiare o la mascherina per la famiglia? E se i clienti restano chiusi o la gente non compra i miei prodotti perché non ha soldi da spendere? E se le regole per la riapertura….beato chi le indovina, facessero calare troppo i ricavi, vale la pena riaprire o, ahimè, devo chiudere definitivamente? Ma cosa diavolo prevede il decreto aprile, che uscirà a maggio per la mia attività? Insomma, mi stanno autorizzando a fallire per DPCM? Pensate a tutto il mondo del turismo, ai bar, alla ristorazione, alle palestre, ai fisioterapisti, che non potranno mai recuperare quello che hanno perso e che si giocano la sopravvivenza. Per loro e per i loro dipendenti.

Manco ci pensano molti dei preoccupati a ferie, incontri con amici, weekend e così via. Molti hanno perso il sonno e l’allegria, alcuni hanno già perso la voglia di lottare, di fronte ad un muro che da solo è impossibile scalare. Non mi riferisco a chi era già malato cronico dal punto di vista economico. Per questi forse, è triste dirlo, la chiusura è la soluzione migliore: sarà colpa della crisi, così anche il fallimento diventa socialmente accettabile. Ma pensiamo ai sogni, ai sacrifici, agli investimenti, anche di qualche migliaio di euro solo, ma per alcuni era tutto quello che potevano giocarsi. A chi potrebbe funzionare, realizzare il proprio sogno. Vivere decorosamente senza far mancare nulla alla propria famiglia. La selezione della specie non segue il principio di giustizia, purtroppo.

A questi dovremmo dare soldi per continuare, semplificare la vita riducendo la burocrazia (diteglielo voi ai garantiti), dare ragionevoli certezze e regole affidabili. Ma che diamine con tutti questi esperti? Nessuno ha parlato in maniera seria della scuola, del sistema sanitario, delle infrastrutture su cui investire, dei trasporti che certamente non riusciranno ad adeguarsi alle nuove necessità, della famiglia, del fare i tamponi, della tracciabilità. Riuscite ad immaginare un’altra nazione in cui succeda questo? Io non ci riesco.

Questa divisione tra garantiti e preoccupati è tragica: le persone non hanno solo voglia di maggiore libertà, anche se nel rispetto delle regole, hanno paura dell’incertezza e del rischio che sopravvenga la miseria. La politica, se ancora esiste, ne è cosciente o pensa che basti promettere le brioche?